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Full text of "Lopez de Vega : melodramma in due atti da rappresentarsi da una società di dilettanti nel Teatro degli Accademici Filo-drammatici in Milano nel carnovale del 1816"

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.  cr.Scappa 
LOPtZ  UE  VECA 


LOPEZ  DE  VEGA 


t 

MELODBAMMA  J 

IN  DUE  ATTI  ^ 

DA  JIAFTRESENTARSI  J 

DA  UNA  SOCIETÀ'  DI  DILETTANTI  ^ 

FILO-DRAMMATICI  t 

S  N   r.i  I  L  A  N  o 
Nel  Carnoi/ais  del 


NEL 

TEATRO    DEGLI  ACCADEMICI 


Poesia  c5ef  Si^-  Saitatta  €Ìutoiiu 
oltusica  'àd  c%.  «Scappa  GiiUcppo 


^      ..   — — — •   --— 

"  '  ^^^«^  ^ 


M I  L  A  N  0 

Dalia  Tipografia  di  Giàcoiio  PirvOi.A 
dicontro  al  R,  Teatro  alla  Scala. 


UNC-CHAPEL  NU. 


Ijopez  de  Ve^a  chiamato  anche  Lop  Felice 
de  Vega  Carpio  nacque  nel  i562  a  Madrid  Ca^ 
pitale  della  Spagna.  Egli  fu  autore  di  mille  ot- 
tocento poetici  componimenti  di  vario  genere  ^  p^ 
quali  acquistò  distinta  fama  fra  i  migliori  poeti 
di  quella  Nazione.  Quest'  istancahile  Scrittore  di- 
morò per  qualche  tempo  alla  Corte  del  Duca 
d'Alba  Ferdinando  Ali^arez  Principe  notissimo  per 
diverse  imprese  militari. 


C)  ^<''gg^^  Dicfionaìre  istorique  eàlz.  di  Parigi  del  i^Sq, 


Digitized  by  the  Internet  Archive 
in  2015 


https://archive.org/details/lopezdevegamelod424zana 


PERSONAGGI 


3 


D.  Fernando  Alvarez  ,  Duca  d'  Alba- 

Sig.  Zucoli  Luigi. 
La  Baronessa  Isabella,  promessa  sposa  del  Duca,* 

Signora  Pasta  Giuditta. 
Donna  Isabella  5  moglie  di  D.  Ricardo. 

Signora  F^igo  Carlotta, 
La  Contessa  Isabella. 

Si(jnora  Rubini  Serafina. 
D.  RicARDO  5  Ministro  del  Duca. 

Sig.  Pagani  Carlo. 
Lopez  de  Vega  Carpio,  Poeta  del  Duca. 

Sig.  Pasta  Giuseppe. 

Il  Cavaliere  D.  Florenzio  ,  membro  dell'Acca- 
demia di  Castiglia ,  gran  critico  5  e  nemico  di 
Lopez. 

Sig.  Conte  Cavalli  Gerolamo. 

Il  Cavaliere  D.  Domizio  ,  inviato  dalP  Università 

di  Toledo, 

Sig.  Punzoni  Francesca. 

Ufficiale  ")    ,  , 

j-    C  che  non  parlano, 
(juardie  )  ^ 


La  scena  si  finge  ad  Alba 
nel  Palazzo  del  Duca. 


6 


Compositore  della  Musica^ 
Direttore  y  e  Maestro  al  Cembalo 
Sig.  Giuseppe  Scappa,  Milanese. 


I  Signori  formanti  P  Orchestra  sono  tutti  Dilettanl 


Capo  d'Orchestra 
Sig.   Pietro  Visconti. 


Suggeritore 
Sig.  Antonio  Piacentini. 


SCENE. 

Camera  di  Lopez  nel  Palazzo  del  Duc?K 
Sala  Ducale. 

Atrio  nel  Palazzo  suddetto. 
Prigione. 

Le  suddette  Scene  sono  disegnate  e  dipinte 
dal  Sig.  Gaspahe  Galleari, 
Accademico. 


7 


ATTO  PRIMO 


SCENA  PRIMA. 

Camera  di  Lopez  de  Vega  Carpio. 

Lopez  de  Vega  seduto  al  tavolino  di  stiidio^^ 
e  Don  Ricardo  all'uscio  d'ingresso  inatto  diesplorare 

Lop.      Nel  povero  mio  core 

Combatton  gloria  e  amore  5 
Agli  avversari  miei 
Rispondere  vorrei  .  . . 
Vorrei  le  lodi  tessere 
Di  lei  che  m'  arde  il  cor  : 
Che  mai  risolvo?...  ah  facciasi 
Ciò  che  mi  detta  amor.         (ji  parie  a 
Ric.        Oh  Dei!  che  intesi.^  Amore  scrivere) 
Al  V^ega  acceso  ha  il  core  ? 
Ma  qual  sarà  F  oggetto 
Che  il  tich  5  e  tac  uel  petto 
Provar  cosi  gli  fa  ? 
Oh  sorte  almeii  concedimi 
Scoprir  tal  novità 

QDe  Vega  legge  il  seguente  Madrigale) 
Quando  fìa  mai  che  al  seno 
,5  Verrai  del  fido  Osmeno 
„  Bellissima  IsaÌ3ella? 
55  Tal  Osmeno  cantava ,  e  dal  suo  speco 
Il  caro  nome  ripeteva  1'  Eco« 


ATTO 
Isabella  ei  dunque  adora  5 

Saria  mai  la  mia  Signora? 

Io  do  tregua  alle  mie  pene  (^fra  se) 

Quando  scrivo  del  mio  bene... 

Del  mio  ben?  l'affare  è  serio  , 

Di  chi  parla  vo'  saper. 
Vate  addio...  QP ìnnoltra^ 

M'  inchino  a  lei 

Dite  dite  . . . 

I  versi  miei 

Permettete  ch'io  corregga. 

Ah  lasciate  che  li  vegga  . . . 

Or  non  posso  perdonatemi. 

Via  lasciatemi  veder. 
Salvami ,  o  Ciel  pietoso 

Da  questo  curioso 

Che  sol  sembra  felice 

Quando  mi  può  seccar. 
Un  quadro  con  cornice 

Non  voglio  diventar. 
Or  che  il  veleno  ho  in  core  . 

Comporre  non  potrei  ^ 

Che  fiiccio  ?  i  passi  miei 

Altrove  io  volgerò  ^ 

Da  questo  seccatore 

Cosi  mi  salverò. 
Cercar  poss'  io  quel  foglio 

Or  che  il  poeta  è  astratto  , 

Eccolo;  il  colpo  ò  fatto 
.  -  Il  Madrigale  è  qua. 

(porta  vìa  il  Madrigale  senza 
che  Lopez  si  accorga) 
Con  voi  De  Vega  io  voglio... 

La  flemma  mia  sen  va. 


PRIMO.  9 

Non  v'  è  pena  nè  tormento  ^     (f'^ci  se) 
Che  s'eguagli  a  quel  die  sento 
Quando  vien  gli  studi  miei 
Questa  bestia  a  disturbar. 
Son  felice  son  contento  (J/'a  se) 

Or  che  meco  ho  il  documento, 
E  i  bramosi  sguardi  miei 
Corro  tosto  ad  appagar.  (Lopez  parte ^ 
e  D.  Ric.  s'incontra  colle  3  Isab.) 

SCENA  II. 

La  Baronessd  Isabella ,  la  quale  ha  fra  le  mani 
la  Gerusalemme  conquistata  (*')  la  Contessa  Isa- 
bella ^  Donna  Isabella  ^  e  D.  Ricardo. 

Ric.  C^ual  incontro  felice  !  A  voi  5  Signore  5 
Devoto  umil  m' inchino  , 
È  il  propizio  destino 
Che  vi  conduce  qui .  . .  d'  un  Madrigale 
Che  annuncia  del  De  Vega 
L'  amorosa  passione  5 

10  bramo  aver  da  voi  la  spiegazione. 
Xa^.Come  !  De  Vega  è  amante  ? 

T).  I.  Lopez  innamorato  ? 
ZaCSensibile  all'  amore 

Queir  alma  austera  ? 
Ric.  Appunto  5  o  mie  Signore, 

LaB^  qual'  è  del  suo  affetto 

11  fortunato  oggetto  ? 
/>./.  Parlate. 

LaB.Cì  volete 

Tener  sospese  ancora? 
LaCYi  chi  è  dunque? 

Ric.  Ella  chiamasi  Isabella. 

(*)  Fra  le  i8oo  composizioni  poetiche  di  Lopez^evvi  un  poema 
intitolato  la  Gerusalemme  conquistata,  1* 


IO  ATTO 

Z<26'.CurioSci  ! 

LaB.  Voi  scherzale. 

D.I.  ^  Spiritoso 

E  nelle  sue  sortile  il  mio  consorte. 
Rie,  Ebben  se  nou  credete, 

Voi  stesse  il  Madrigal  legger  potete  (consegna 
il  Madrigale  alla  Baronessa  che  lo  legge 
unitamente  alle  altre  due) 

Ora  che  letto  avete  il  Madrigale 

Vorrei  saper  chi  sia 

Quella  bella  Signora 

Che  il  nostro  Vega  adora. 
LaB.Qhi  il  può  5  Signore ,  indovinar  ?  soii  molte 

Le  donne  cui  tal  nome  il  caso  diè  ^ 

E  diffatti  una  prova  in  noi  ne  avete 

Poiché  siamo  Isabelle  tutte  tré. 
Ric.  E  fra  voi  tre  si  trova  appunto  quella 

Che  al  Poeta  scaldò  la  fantasia  , 

Né  voi  certo  ignorate  chi  ella  sia. 

Via  penar  non  mi  fate  ... 
D.  I.  Io  noi  so  certo. 

LaC.lo  meno  ancora. 

Ric.  Vi  saluto  adunque  (riprende  il 

E  in  altra  parte  spero  Madrigale) 
Ritrovar  chi  mi  spieghi  un  tal  mistero.  (j>arte) 

S  G  E  N  A  IIL 

Le  tre  Isabelle. 

[LaC,        Ool  fu  Lopez  dedicalo 

Alle  muse ,  e  innamorato 
Chi  il  poteva  mai  suppor  ? 
D.I.  Chi  di  noi  creduto  avria 

Che  la  sua  malinconia 
Fosse  figlia  dell'  amor  ? 


PRIMO.  II 
XaB.     Ma  il  felice  e  vago  oggetto 

Che  al  De  Vega  accese  il  petto 
Sommi  Dei!  Chi  mai  sarà? 

A  tre  5  ciascuna  fra  se. 

Speranza  lusinghiera 

Che  tutto  il  cor  m' innondi , 
Per  poco  ancor  t'  ascondi  , 
Resta  celata  in  sen  ^ 
Se  vano  è  il  mio  desire 
IVon  vo'  arrossire-alinen, 

SCENA  IV. 

//  Cavaliere  Florenzio    e  le  suddette, 

Ca\f.  Son  servo  a  loro  5  e  ossequìole» 

LaB.  Chi  è  mai 

Questa  caricatura?  {piano  alle  altre  due) 
LaC,  È  un  Cavaliere 

Che  spacciando  si  va  gran  letterato 

Da  pochi  giorni  è  in  Corte,  e  par  che  il  Duca 

Lo  tratti  in  amistà.  {come  sopra) 

Cav.  Che  mai  borbottano 

Codeste  civettucole  fra  loro  ? 

Forse  di  me  favellano  ?  (/^^ 
D.  I.  Costui 

L  il  più  severo  critico^  e  di  Lopez 

Acerrimo  nemico. 
LaB.  A  tempo  ei  viene. 

Cai^.Che  fate  esimie  Dame  unite  a  crocchio? 
Zrti^.Leggiam  del  Vega  i  carmi. 
Caf^.  {prende  il  libro  dalla  Bar.")  A  colpo  d' occhio 

Troverete  a  biseffe  gagliofagini  5 

Idee  s curili ,  e  termini , 

Che  muover  fan  aelF  umbillico  i  veraiini. 


12  ATTO 
Z^^.Oli  die  bestia  I  (^piano  alle  altre  due') 

LaC.  (come' sopra)  Soffrir  davver  noi  posso. 
/>./. Della  ignoranza  sua  rider  conviene.      (c.  s.) 
Ctìt^.  D'applicarsi  in  un  punto  a  varj  temi  ^ 
Di  schiccherar  poemi , 
E  commedie  ,  e  novelle  a  centinaja , 
Ebbe  Lopez  la  smania. 
Ma  poi  di  tale  insania 
Ecco  il  frutto  funesto  5 
È  di  Lopez  lo  stil  sempre  indigesto. 

{rende  il  libro  alla  Bar,) 
Zai?.Chi  può  frenarsi  ?  non  v'  ha  cosa  al  mondo 

Più  indigesta,  o  Signor,  del  parlar  vostro. 
Z«r\Sappiale  ancora,  o  Cavalier  garbato. 
Che  il  De  Vega  bellissimo  troviamo. 
D./.E  che  un  genio  immortai  lo  reputiamo. 
Cav.  Quando  di  lai  materie 

Ardite  di  decidere 
A  crepa  pancia  ridere 
Ci  fate  in  verità. 
Le  scienze  sono  serie 
E  il  serio  a  voi  non  fa. 
Voi  nate  alle  facezie 
Solo  parlar  dovete 
Di  quelle  tali  inezie 
In  cui  si  esperte  siete  5 
Quai  vesti  or  più  s'ammirino^ 
Qual  stoffa  è  più  adattabile  5 
Quai  figurini  girino  5 
Chi  sia  più  destro  ed  abile  " 
Di  tutti  i  parrucchieri  -, 
Chi  mai  fra  i  Romanzieri 
Abbia  follie  più  tenere  5 
Conciossiacosacchè 
In  cose  di  tal  genere 
Sublimi  il  ciel  vi  fe'.  ^partono) 


PRIMO. 


i3 


SCENA  V. 

Lopez  de  Vega^  indi  Don  Domizio. 

Lop.  Vjbe  fai  De  Vega  ?  gli  amorosi  affanni 
All'altre  tue  sventure  aggiunger  vuoi? 
Ma  chi  resiste  al  Dio  d'amor,  se  Giove 
Giove  stesso  non  sfugge  a'  colpi  suoi  ? 
E  temere  da  lui  che  mai  poss'  io  ?.. . 
Cosi  dal  nascer  mio 
La  sorte  ebbi  funesta 
Che  nulla  a  paventar  più  omai  mi  resta. 
Tutta  r  ira  degli  Dei 
Il  mio  cor  provò  fìnor. 
Ah  !  volesse  a'  mali  miei 
Dare  almen  conforto  amor. 
Se  il  caro  oggetto 
Non  m'  è  tiranno  , 
Ogni  mio  affanno 
Scordar  potrò. 
Ma  amor  propizio 
Sperar  non  so. 
(in  atto  di  partire  s*  incontra  con  D.  Dom.) 
Chi  mai  veggo  ? . . .  oh  Don  Domizio . . , 
Dom,  Vieni  amico  a  questo  petto, 

Lop.  Dom.  Fra  tue  braccia  qual  diletto 

Amistà  mi  fa  provar. 
Lop,        E  qual  mai  Nume  propizio 

Or  ti  guida?... 
Vom.    '  A  te  m'  invia 

Qui  Toledo  5  che  desia 
Il  tuo  crin  del  serto  ornar. 
Lop»        L'  alto  onor  del  sacro  alloro 
E'  per  me  si  lusinghiero , 
Che  P  acquisto  d'  un  impero 
Fia  men  grato  a  questo  cor. 


i4  ATTO 

Ma  la  barbara  mia  sorte 
Mi  rapisce  un  tanto  onor, 
Dom,       Cieì  che  mai?,.. 
Lop.  Delle  mie  pene 

La  cagion  deh!  non  cercar. 
Dom,  Ti  desia  1'  Ispana  Atene 

Lop.  Qui  m'  è  forza  oh  Dio  restar. 

Come  esposta  a  vario  vento 
Face  s'  agita  talor , 
Tal  fra  mille  affetti  io  sento 
Ondeggiante  in  seno  il  cor. 
Dom.       Che  vuol  dir  quel  turbamento 

Che  mai  deggio  oh  Dio  suppor  ? 
(Lopez  conduce  Domizio  nelle  altre  sue  camere^ 


SCENA  VI. 


La  Contessa  Isabella  ^  e  la  Baronessa  Isabella. 

LaC.  Oh!  il  Poeta  non  v'  è  :  delusa  «  o  amica  « 

Ecco  la  nostra  speme  ^ 

Or  da  chi  rilevar  potrem  V  arcano , 

Che  tanta  in  cor  curiosità  ci  desta  ? 
LaB.Qveàìlo  ^  manifesta 

Sarà  la  cosa  in  breve  ,  e  come  mai 

Star  occulta  potria  ^ 

Se  saperla  ogni  donna  ornai  desia  ? 

Ma  tu  ben  hai  ragione  , 

Se  sei  d'  ogni  altra  ancor  più  curiosa , 

Poiché  se  il  gran  Poeta 

Distingue  il  vero  merto  , 

Il  pomo  d'  oro  tocca  a  te  per  certo. 
Quel  bel  volto  ,  que'  vezzi ,  quel  brio  ^ 
Quelle  grazie  che  ispirano  amor  5 
li  novello  amoroso  desio 
A  Dtì  Yega  hanno  acceso  nel  cor. 


PRIMO.  i5 
LaC.    Se  prescelta  è  fra  noi  la  più 'bella  5 

Chi  la  palma  rapire  ti  può  ? 
LaB.    Cara  amica  ^  il  vedrai ,  tu  sei  queìla , 

Clie  la  face  in  quel  seno  destò. 
LaC.  Famosa  e  celebre 

Diventerai. 
LaB.  De'  tardi  posteri 

L'  omaggio  avrai. 
a  2  Tu  che  al  gran  Genio 

Festi  sentir 
D'  amore  i  teneri 
Dolci  desir. 
LuC.        Ma  lasciam  gli  scherzi  a  parte, 

Buone  amiche  esser  dobbiamo. 
LaB.  Ti  dimostri  quanto  io  l*  amo 

Questo  amplesso  d'amistà,  {l'abbraccia) 
a  2  Ah  !  dov'  è  mai  chi  dice 

Che  amor,  sol  fa  felice  ? 
Che  gioje  inesprimibili 
Ei  sol  ci  desta  in  cor  ? 
Veri  gustar  piaceri 

Fa  V  amistade  ancor.  (partono ) 

SCENA  VII. 

Do  71  Domizio 

Z)<?w.]N[umi  che  mai  sarà?  qual  crudo  affanno 
Turba  il  cor  dell'  amico  ?  immerso  eì  giace 
In  si  profondo  duol  5  ch'ogni  mio  detto  3 
Ogni  consiglio  mio  vano  or  saria. 
Calmar  si  lasci  in  pria 
La  funesta  procella ,  indi  con  arte 
Tenterò  nel  suo  core 
La  sopita  eccitar  brama  d' ouore. 


i6  ATTO 

Oh  di  gloria  possente  desfo 

Che  De  Vega  già  tanto  accendesti  , 
Si  ridesti -il  tuo  ardore  in  quel  cor. 
Dal  funesto  letargico  obblio 
Si  risvegli  il  sublime  Cantor. 
(va  per  rientrare  nelle  altre  camere  di  Lopez.) 

SCENA  Vili. 

Don  Ricardo  e  dcttq. 

Ric.  Chi  è  mai  quel  Foraslier?  da  me  non  visto 

Come  ha  potuto  giungere  fin  qui? 

11  chiamerò  psi         psi .... 

DomMì  domanda  il  Signor  ? 

Ric.  .  Io  solo  bramo 

Conoscerla  5  mi  pare  eh'  eUa  sia 

Stranier. 
Dom.  Son  di  Toledo. 

Ric.  Di  Toledo? 

Che  v'  è  colà  di  nuovo  ? 
Dom,  Nulla. 
Ric.  E  quale 

Cagion  la  trasse  ? . . . 
Dom.  Di  veder  De  Vega 

La  brama. 
Ric.  E  qui  riman? 

Dom.  Che  seccatore  I  (da  se^ 

Parto  in  breve  5  e  le  son  buon  servitore.  Qparte] 
Ric.  Grazie  j  obbligato  ^  non  ne  so  un  bel  nulla. 


PRIMO.  17 

SCENA  IX. 

//  Cavaliere  Don  Florenzio  ^  ed  il  suddetto^ 
indi  la  Contessa  Isabella  5  e  Donna  Isabella, 

Cazj.Cjhe  mai  saper  vi  frulla 

Mio  caro  Don  Ri  cardo  ? 
Hic.  Un  Forastiero 

Amico  di  De  Vega  \ 

Or  or  giunto  è  alla  Corte. 
Cav,  '  Ebben? 

Rie,  Vorrei 

Saper  chi  sia. 
Cav.  Conghietturare  è  facile 

Ch'  egli  sarà  qualch'  altro  miserabile 

Assassin  delle  Muse. 
Ric.  Innoltre  io  bramo 

Rilevar  d'onde  vien  ^  se  parte  o  resta , 

Da  De  Vega  cbe  vuol .... 
Cav,  Se  tali  frivoli 

Pettegolezzi  amate 

Rivolgetevi  a  lor.    (^additandogli  la  ContessOr 
e  Donna  Isabella  che  arrivano) 

LaB.  Come  parlate? 

Cav.    Non  offendetevi  :  in  buona  regola 

Sono  sinonimi  donna  ^  e  pettegola  , 

E  chi  desidera  pettegolezzi , 

A  voi  volgendosi  non  può  sbagliar^ 

LaC.    Signor  mio  caro  ,  siffatti  accenti 
I  vostri  scoprono  scarsi  talenti. 
Fra  donna  e  donna  sempre  si  trova 
Qualche  non  piccola  diversità. 

Ric.     Via  5  care  amiche  ,  se  in  generale 
Tutte  le  domie  sono  cicale , 
Perchè  pretendere  d'  esser  diverse 
Da  tutte  1'  altre  ?  ciò  non  può  star. 


i8  ATTO 

D.I.     Di  questa  coppia  cosi  compagna  {additando 
il  Cau.  e  D.  jRic.  alla  Contessa) 
Potrem  servircene  alla  campagna  , 
Con  egual  basto  ,  ed  egual  briglia  : 
Oh!  qual  pariglia -si  potrà  far. 

Cav.Ric.k  noi  sommari?  assai  sbagliate 

LaC.D.I.k  noi  cicale?  rider  ci  fate 

Cav.        Io  di  Castiglia  sono  accademico.... 

Ric.         Son  uomo  in  carica 

LaC.B.I.  Ah. ..ah. ..ah. ..ah... 

ÌVoi  per  far  ridere  siete  portenti 
E  chi  vi  saperi  in  ciò  non  v'  ha^ 
Ma  in  voi  più  ancora  che  i  vostri  accenti 
Troviam  ridicola  la  gravità. 
Chi  di  rispondere  non  ha  argomenti 
Cerca  cavarsela  meglio  che  sa  , 
E  tra  i  più  comodi  espedienti 
Di  quel  di  ridere  miglior  non  v'  ha. 
{partono  la  Contessa  e  Donna  Isabella^ 

SCENA  X. 
//  Cavaliere  ^  e  Don  Ricardo. 

Ric.  Vjhe  ve  ne  pare?  che  viperee  lingue. 
Dite  5  son  cosi  ancor  le  Castigliane? 

Cav.lti  tutto  questo  nostro  orbe  terracqueo 
Celeri  a  cinguettar  sono  le  femmine, 
Ma  r  uom  non  uso  a  por  la  stoppia  in  aja 
Bada  lor  men  che  a  un  can^  che  a  luna  abbaja. 

Ric.  Tutto  questo  va  ben,  ma  quando  voglio 
Qualche  notizia  aver  nulla  mi  cale 
Averla  da  qualunque  sia  canale. 
Appunto  per  saper  chi  è  il  forastiere 
Andrò  dalla  Duchessa.  A  quella  vecchia 
E'  nota  ogni  minuzia,  i  desir  miei 
Bea  ella  farà  paghi,  andrò  da  lei.  {parta 


PRIMO. 


19 


S  C  E  N  A  XI. 

//  Cas^aliere  indi  De  Kega. 

Ctì!^'.]\^a  il  poeta  ov' è  andato?  ah  forse  Apolline 
Iiividìaudo  il  suo  divino  merito 
Di  qua  scacciollo  a  calci  nel  preterito. 
Or  di  veder  son  cupido 
Che  mai  vi  sia  di  nuovo  su  quei  tavolo. 
Cielo  !  qual  zampa  non  s' intende  un  diavolo. 
Lop.  Vedete  qual  sventura         (con  ironìa) 

Quale  fatalità  ! 
Legger  la  mia  scrittura 
Il  Cavalicr  non  sa. 
Or  la  lezion  scentiflca 
Come  poss' io  sperar? 
Che  la  sua  saggia  critica 
M' avria  potuto  dar? 
Caf^.  Risponderò  laconico 

Con  tutta  brevità 
Diceste  in  ton  sardonico 
La  pura  verità. 
A  voi ,  cui  solo  cale 
Quinterni  schiccherar , 
A  verseggiar  men  male 
Potrei  certo  insegnar. 
Lop.  Eppur  da  Iberia  tutta 

Con  plauso  furo  accolti 

I  carmi  miei  fìnor. 
Cav,           Poca  è  la  gente  istrutta , 

Molti  gli  sciocchi ,  e  i  molti 
Son  vostri  ammirator* 
Lop,  Ma  che  potrà  ripetere 

II  nostro  Signor  critico 
Quando  da  me  saprà  ^ 


20  ATTO 

Che  r  Apollineo  serto 
Toledo  offerto  -  m'  ha  ? 
Cav.  No  5  non  polea  la  satira 

Con  più  sagace  astuzia 
A  voi  Toledo  far. 
Nuova  ha  l'Atene  Ibera 
Maniera  -  di  burlar. 
Lop.    L' Ispana  Atene  d'Apollo  il  serto 

Sol  per  deridermi  dunque  m'  offri  ? 
Cav.        Siatene  certo  :  eli'  è  cosi. 
Lop.    Che  mai  risolvere? 
Cav.  Se  in  voi  foss'  io 

Direi  che  i  lauri  cinger  non  vò. 
Lop,        Ed  io  5  scusatemi  ^  gli  accetterò. 
Vò  veder  se  mi  burla  Toledo 
Tutt'  Iberia  con  me  lo  vedrà. 
Cav.  jAh  di  voi,  se  partite  ^  prevedo 

Quai  risale  T  Iberia  farà.  (^partono) 

SCENA  XII. 

Sala  del  Duca. 

//  Duca  5  e  D.  Ricardo 

Mie.  A-ltezza,  Altezza,  io  vengo  apportatore- 

Di  gran  notizia. 
Duca  E  qual?  3 

Ric.  S'  è  alfìn  scoperto 

Perchè  sia  sempre  il  Vega 

Da  tristezza  turbato. 
DucaOa.e  mai  F  afilli gge  ? 

Ric.  Oh  Altezza  è  innamorato, 

DucaMdi  come  lo  sapete? 

Ric.  Da  questo  Madrigal  che  vi  presento. 

(gli  porcfe  il  madrlgai 


PRIMO.  or 

Duca  Che  veggo?...  qual  sospetto!  (fra  se) 

Ah  codesta  Isabella 

Certo  è  la  Baronessa. 
Rie,  Sol  mi  spiace 

Di  non  saper  chi  sia  colei ,  che  il  Vate 

Vuol  qui  nomar  5  ma  non  starò  mai  cheto 

Finché  a  scoprir  non  giungo  un  tal  segreto. 
OucaLo  scoprirò  ben'  io  , 

Chiamatemi  De  Vega, 
Ric.  Corro  subito ,  volo . . .  ma  di  grazia 

Vostr' Altezza  non  è  di  buon  umore. 

Cos'  ha  ?  Si  sente  mal  ?  o  sono  forse 

Della  Duchessa  madre 

Le  seccature  usate  ? . . . 

Alfìn  cos'ha?  deh  parli  Altezza... 
Ducfi.  Andate. 

(^parte  Don  Rìcardo) 

S  G  E  N  A  XIII. 

//  Duca. 

jÀuh!  mio  rivai  certo  è  De  Vega...  io  tutto 

Avvampo  di  furor ...  sì  rea  mercede 

Ottengon  dunque  i  benefìzj  miei? 

In  De  Vega  credei 

Trovar  V  amico  5  e  tale  egli  m'  udia 

Chiamarlo  ognor...  credei  mentre  di  sposa 

Serbo  alla  Baronessa  il  sommo  onore  5 

Destarle  almeno  grati  sensi  in  core. 

Mi  tradiscono  entrambi  5  oh  rabbia!...  ah  forse 

L' ira  m'  acceca  ^  ed  io  m' inganno ...  oh  dura 

^'       Incertezza  crudel...  in  vita  mìa 

Provato  mai  non  ho  pena  più  ria. 
Amor  colla  sua  face 

P  Tutto  m' infiamma  il  petto  ^ 


ATTO 

E  uu  gelido  sospetto 
Il  cor  mi  fa  agghiacciar. 
Del  tartaro  le  furie 
D'  avere  in  sen  mi  par. 
E  quando  ,  o  Ciel  benefico 
Vorrai  F  antica  calma 
Air  alma  ridonar  ?  (parte 

S  G  E  N  A  XIV. 

//  Cavaliere. 

Il  Duca  di  me  chiede...  io  posso  cogliere  i 
La  palla  al  balzo I  Audiam...  di  Febo  i  lau 
Al  miserabil  Vate  uopo  è  contendere  5 
E  far  eh'  ottenga  il  critico  squittinio 
Assoluto  poter  5  sovran  dominio.  (jÀ^rU 


SCENA  XV. 


La  Baronessa  5  indi  Donna  Isabella.. 

LaB.  JL  erchè  crudel  amor 

Cosi  mi  turbi  il  cor? 

Lasciami  in  pace. 
Pel  gran  De  Vega  invano 

Tu  accendi  questo  sen  5 

Se  mi  prepara  Imen 

Un'  altra  face. 
D.  1.  Amica  ah!  tu  non  sai 

La  novità  funesta... 
LaB.  Oh  Cieli  tremar  mi  fai. 

Parla . .  ^  che  mai  sarà  ? 
D.  I.  È  giunto  da  Toledo 

Un  certo  forasliero 

E  il  Lopez  con  lui  credo 

In  breve  partirà. 

■ 


PRIMO. 

Ma  d'  onde  m  il  sapesti  ? 
Mei  disse  or  la  Ducliessa. 
Vuoi  più?  veduto  io  stessa 
Poe'  anzi  ho  il  forastier. 
Dunque  ci  fia  rapito 
Il  nostro  unico  vanto? 
Toledo  il  Dio  del  canto 
Godrà  di  posseder  ? 
Oh  Dei  possenti 
Se  è  ver  eh'  ognora 
Foste  propizj 
A  chi  v'  adora  5 
Se  i  voti  ardenti 
Dei  nostri  cor  5 
Da  voi  pur  merlano 
Grazia  e  favor  ^ 

ai 

Deh  ci  serbate 
L'  ei^regio  Vate 
Onore  e  gloria 
Di  nostra  età. 

Ed  a  Toledo 

Basii  esser  celebre 
Per  mille  fasti , 
Ne  involi  a  noi 
L'  astro  che  solo 
.  I  raggi  suoi 
Sa  c|uesto  suolo 
{Spargendo  va. 


ATTO 


SCENA  XVI. 

La  Contessa  ^  e  /e  suddette. 

LaC.        ^1  iene  il  Duca ,  ed  è  con  lui 
L'  Accademico  ignorante  ^ 
Quel  soffistico  pedante  , 
Cli'  osa  il  Vega  criticar. 

LaB.        Di  quegli  asini  è  costui 

Che  a  comporre  affatto  inetti 
Sempre  ,  e  in  tutto  de'  difetti- 
Si  dan  vanto  di  trovar. 

D.  I.        A  De  Vega  nuocer  certo 

Non  potran  tali  avversari. 

LaB.  Il  ragghiare  de'  sommari 

Fino  al  Ciel  giunger  non  può. 

a  3 

Alla  fin  trionfa  il  merto 

Ed  il  mondo  sprezza  e  obbli'a 
Quella  vii  trista  genia 
Che  virtude  ingiuriò. 

SCENA  XVII. 

//  Duca  jj  //  Ca\>aliere  5  e  le  suddette. 

€av.  De  Vega,  o  Principe, 

Parlo  sul  serio  , 
È  un  poetucolo 
Senza  criterio  j 
E  ne'  suoi  carmi 
Veder  sol  parmi 
Error,  goffaggini 
tÈ  assurdità. 


PRIMO. 

Duca  Un  pò  di  bile 

In  voi  traspira. 
LaB.  Lividia  vile 

Lo  move  all'  ira. 
Le  3  Isab,  (        E  nel  suo  core 
Il  rio  livore 
Non  sa  reprimere 
Frenar  non  sa. 
Cav,  I    Siete  in  errore 

Un  tal  scrittore 
Non  desta  invidia 
Ma  fa  pietà. 

Duca  \    Costei  nel  core     (parlando  fra  se 

Nuovo  furore    della  Baronessa) 
Novelle  smanie 
Provar  mi  fa, 

SCENA  XVIII. 

[Don  Ricardo  ,  Don  Domizio  5  De  f^ega  ^  e  detti. 

Ric.  Elcco  o  Principe  il  Poeta  (presentando 
1  al  Principe  De  J^ega  ^  e  D.  Dom?^ 

E'  un  amico  a  lui  diletto 
Che  a  voi  brama  il  suo  rispetto 
Ossequioso  tributar, 
^uca        II  suo  nome? 
^om.     -  Io  son  Domizio. 

op.  Prence  è  questi  un  Cavaliere  5 

Del  cui  merito  e  sapere 
Può  Toledo  altera  andar. 
lom.        Tu  arrossir  mi  fai  De  Vega  . . , 
^uca  Molto  io  stimo  i  gran  talenti.  (aDom?) 

Le  3  Isab.,  De  Vega  5  e  Dom. 
Ben  diniostran  tali  accenti 
La  virtù  del  vostro  cor.       (al  Ducà^ 

2> 


:A  ATTO 

C  u  Tntìì  passn'Ti  per  portenti 

Qui  g]j  sciocclii^  e  gP  impostor.  (frase) 
Bic.         Novellisti    e  non  sapienti 

10  vorrei  d'  intorno  ognor.      (fra  sé] 
Duca        Quai  terrìbili  momenti 

Sono  questi  pel  mio  cor.        (fra  se'i 
Lop,        Mio  Prence  un  vostro  cenno  I 

Innanzi  a  voi  mi  chiama. 

In  che  poss'  io?... 
Duca  Si  brama 

Un  dubbio  rischiarar. 

Tutti  tranne  il  Vega^  e  Duca, 

Stiam  zitti  ad  ascoltar. 
Duca       Lopez ,  d*  un  Isabella  (^porgendogli 

Qui  scritto  il  nome  avete  Madrigale 

Chi  dessa  sia  dovete 

Or  tosto  palesar. 
Lop.        Le  carte  mie  segrete 

Qual  vile  osò  involar  ?  (/''^ 

//  Duca  5  e  le  tre  Isabelle* 

Ecco  il  fatai  momento 

11  cor  mi  balza  in  petto,  {ciasc.fra  st 
Ric.       (      Alfine  del  suo  affetto 

Dom^^ L'oggetto  si  saprà.         {come  soprc 
Cav.        Poeta  maledetto 

Ora  parlar  dovrà.  {come  sopri 

Lop.        Altezza  5  io  son  De  Vega  {riconsegna 

Duca  il  Madrigal 

E  qui  favella  Osmeno  , 

Chi  sia  che  gli  arda  il  seno 

Dirvi  egli  sol  potrà. 
jRiC.         Ecco  appagata  appieno  (^m  Jé 

La  mia  curiosità. 


PRIMO.  ^7 

A  ine  così  rispondi  ? 

Cosi  felloii  tu  tenti 

Con  tai  burleschi  accenti 

Schernire  il  tuo  Signor  ? 
Olà  5  costui  s'  arresti 

Qual  merla  abbia  la  pena,  {cdle  Guardie} 

Le  tre  Isabelle  5  e  Dom. 

Oh  Ciel  sì  trista  scena 

Chi  mai  polca  suppor  ? 
Del  giubilo  la  pena 

Tutto  m' innonda  il  cor.  C/^<^  ) 

Mi  sento  da  ogni  vena 

Scender  la  bile  al  cor. 
È  un  pazzo  da  catena 

Merla  di  peggio  ancor. 
L'arresto  olà  eseguite  (^alle  Guardie  che 
s*  innoltrano  ed  arrestano  De  f^ecja^j 
Le  tre  Isabelle  ^  e  Dom, 

Deh  !  il  cenno  rivocate. 

X<a  vostra  vendicate 

Offesa  dignità. 
Come  in  un  punto  nate 

Son  tante  novità. 
Ecco  infelice  vate 

Qual  premio  a  te  si  dà. 

Dom.  5  e  le  tre  Isabr 
Ah  Prence  .  . . 

Non  odo. 

Le  tre  Isab,  ^  e  Dom, 

Perchè  si  severo  ? 
Davver  me  la  godo. 


(al  Duca) 


.  (fra  se  ) 


ATTO  PRIMO. 

Svelate  il  mistero  5 
Via  dite...  (^a  De  Vega) 

Oh  cimento 

he  tre  Isah.    e  Dom. 

Placatevi ...  (^al  Duca) 

No. 

Ragioni  non  sento, 
Consiglj  non  vo'. 

Tutti. 

Mentre  spìran  chele  chete 

L'  aure  intorno  in  dì  ridente  , 
Sorge  orribile  ,  e  repente 
Fiero  turbine  talor. 

Così  avvien  che  nella  calma 
Di  nostr'  alma  ira  funesta  , 
Tutt'  a  un  tratto  in  sen  ci  desta 
Il  suo  foco  agitalor. 


Fine  deirjttto  primo > 


29 


ATTO  SECONDO 


SCENA  PRIMA 

Atrio   m^l  Palazzo   del  Duca. 

Donna  Isabella ,  e  Don  Ricardo. 

Ric.  C^ara  moglie  cos'  hai?  que' biechi  sguardi 
Che  voglioa  dir  ?  se  hai  qualche  cosa  paria 
Son  qui  per  compiacerti. 
D.  I.  Si  ti  prendo  in  parola  ^ 

Mi  vuoi  tu  compiacer  ?  lasciami  sola. 
Vanne  da  me  ti  scosta , 

Lingua  pericolosa  , 

Sei  proprio  fatto  apposta 

Il  mondo  per  turbar. 
Ric^  Io  resto  senza  fiato 

Per  lo  stupore  ,  o  sposa  ^ 

A  questo  inaspettato 

Tuo  strano  favellar* 
D,  I.  Credimi  ho  fin  rossore 

D'  aver  per  mio  consorte 

Un  noni  cìie  più  antipatico 

A  tutti  ognor  si  fa. 
Ric.  Che  mai  ti  salta  in  core  ? 

L' idol  son  io  di  Corte  ^ 

L'  amore  e  la  delizia 

Di  tutta  la  Città 
D,  I,  Se  alcun  ciò  non  ti  crede  , 

De  Vega  farà  fede...- 


ATTO 
Ric.       De  Vega? —  ora  capisco 
Perchè  qual  basilisco 
Avvampi  di  furor. 
Jììc.    t  Ah!  Doii  Ricardo  attento  •^^) 

\      Si  tratta  del  tuo  onor. 
D.  I.  j  Destar  gli  vo'  il  tormento  (J/^a  se") 

(      Di  gelosia  nel  cor. 
Ric.  Le  parlo  schietto  , 

Signora  mia  ^ 
Non  mi  diletto 
Di  poesia , 
Nè  vo'  che  Apolline 
Ora  m'  onori 
Col  farmi  intessere 
Sul  cria  gli  allori , 
La  testa  libera 
Vo'  conservar. 
/>.  /.  Se  5  come  spero  , 

11  Lopez  m'  ama  , 
Pel  mondo  intero 
andrà  la  fama  , 
E  tu  che  merito 
Alcun  non  hai , 
Tu  pure  celebre 
Diventerai , 
Perciò  agli  scrupoli 
Non  dei  badar. 
Ric.  Così  una  moglie 

Parla  al  suo  sposo  ^ 
Poter  del  Diavolo  ? 
j^.  /,  Io  sol  desidero 

Farti  famoso. 
Ric.  Famoso  ?  un  cavolo  5 

Per  me  non  fa 
Questa  poetica 
Celebrità. 


SECONDO.  3i 

Ah!  vadano  i  poeti  (^f^^  "^^5 

Al  diavolo  al  malanno 
Son  malti ,  e  matte  fauno 
Le  donne  diventar. 
D,  I.       I  É  ben  che  lo  inquieti  (fi'^  ^'^  ) 

Di  gelosia  r  affanno  5 
Forse  così  men  danno 
Farà  cai  suo  ciarlar  Qmrtoito) 

S  C  E  N  A  II. 

Don  Domìzio  ,  indi  la  Contessa.  , 


DoniJ^o  5  non  fia  ver  che  il  mio  diletto  amico 
Io  qui  abbandoni....  O  voi     {vedendo  (pian- 
gere la  Contessa^ 
La  cui  beltà  promette  un.  cor  gentile  , 
Meco  v'  unite  ond'  ottener  dal  Duca 
Che  a  libertà  sia  Lopez  ridonato. 

ZaClNulla  mi  fia  più  grato 

Di  quest'  impegno,  e  molta  in  core  ho  spene 
Di  riuscir ...»  Ma  il  Prence  ecco  già  viene. 

SCENA  IIL 


n  Duca  ;  indi  Don  Ricardo  5  e  detti 


P 


LaC»         X  rence  ,  che  il  mondo  ammira 
Per  tante  egregie  do  li  5 
In  voi  si  plachi  F  ira  5 
Risorga  la  -pietà. 
Dom.         Placasi  pur  sovente 

Giove  alle  preci ,  ai  voti. 
jRtc.  Che  vuole  questa  gente  ?     (/''^  se  ) 

V  è  qualche  novità. 


ATTO 
Duca         Ditemi  alfìu  per  voi 

Che  far  poss' 
Dom.  L'  amico .... 

LaC.  Il  degno  Vate  .... 

Ric.  Veggo  la  conclusione  (f''^ 

f       Si  vuole  da  prigione 
\      Veder  il  Vate  uscir. 


LaC.     \  Oh!  Prence  da  pHÌ^one         {al  Duca) 
e  Dom.  f      Deh!  il  fate  tosto  us?ìr. 
^Duca         Troppo  co'  detti  suoi 

Offeso  ha  il  mio  decoro. 
La  C.  Io  per  lui  grazia  imploro. 

Ric.  Chi  sia  colei  ch^  egli  ama 

Scopra. 

Dom.  Toledo  il  chiama      {al  Duca) 

Lasciatelo  partir. 

Duca          In  lui  gli  oltraggi  miei 
Io  vendicar  dovrei 
Dovrei        ma  tutto  obblio 


E  solo  or  mi  rammento 


5 


era  1  amico  mio. 
Olà  torni  al  momento    {all'  Ufficiale 
De  Vega  in  libertà  di  guardia) 

Ric^       I  Nulla  s'  egli  esce  ,  o  Principe 

1      Saper  più  si  potrà. 
La  C.    i  Questo  mio  core ,  o  Principe , 
e  Dom,  l      Di  più  bramar  non  sa. 


Duca         Ma  qual  crudel  sospetto 

Di  nuovo  il  cor  m' investe 
E  m'empie  di  furor? 
Barbara  gelosia 
Tu  mi  tornieiiti  oguor. 


SECONDO.  33 
LaC.Dom.  Oh]  Prence  al  Ciel  diletto 

Sublime  prova  deste 

Di  generoso  cor. 

Il  Ciel  propizio  sia 

A  desir  vostri  ognor. 
Hic.  Oh!  Prence,  io  parlo  schietto 5 

Costringerlo  dovreste 

A  dir  chi  gli  arde  il  <^or» 

Saperlo  ognun  desia  , 

L'  esige  il  vostro  onor.       (^paHonc^  ) 

S  C  E  N  A  IV. 

Prigione. 

O Lopez  De  J^ega, 
h  me  infelice  I  sulle  dotte  carte 
Sparsi  immensi  sudori  5  e  ben  sovente 
Da  me  lungi  scacciai 
Morfeo  5  eh'  alle  mie  languide  pupille 
Il  sonno  offriva  ,  e  fra  le  Muse  ancora 
Me  vigil  rivedea  la  nuova  Aurora. 
E  qual  n'  ebbi  mercede  ? 
Tentò  r  invidia  in  cento  guise  e  cento 
La  mia  gloria  oscurar 5  ed  il  mio  onore; 
Resistere  ad  amore 

Non  seppi  \  e  chi  il  potea  ?  ma  tacqui ,  e  in  petto 

Celai  mia  fiamma  eppur  eccomi  in  questo 

De'  rei  tristo  soggiorno ....  or  sfido  il  Fato 
A  rendermi,  se  il  può,  più  sventurato. 
Era  talor  ristoro 

A'  crudi  miei  tormenti 
Vedere  il  mio  tesoio , 
E  udir  que'  cari  accenti^ 
Ch'  eran  si  grati  al  cor. 
Ora  m'  è  tolto ,  ahi  misero  F 
Questo  conforto  ancor.  2* 


34  ATTO 

Ma  chi  può  toglienni 

Finch' avrò  vita, 

Ch'  ognor  scolpita 

In  questo  sen 

Serbi  r  immagine 

Del  caro  ben  ? 
A  tanto  giungere 

Mai  non  potrà 

Del  fato  barbaro 

La  crudeltà. 

SCENA  V. 

Don  Domizio  ^  e  De  Vega. 

Don  Domizio  è  introdotto  dal  Messo  del  Duca^ 
che  accenna  a  De  Vc(ja  die  è  libero. 

Lop.(^ua\e  or  s'ode  rumor?  chi  mai  fra  queste 

Infauste  soglie  i  p^ssi  innoltra  ? 
Dom.  Oh  amico! 

Vieni  libero  sei.... 
Lop.  Come?.. 
Dom.  Del  Prence 

L' ira  è  calmata ,  e  per  recarti  io  primo 

Il  lieto  annuncio  ,  qui  col  Ducal  Messo 

A  giunger  m'  affrettai 
£/op.  Oh  raro  egregio  amico ,  e  come  mai 

Poss*io  del  grato  cor  i  sensi?.. 
Dom.  Andiamo. 

E  se  tu  pure  a  me  cosa  diletta 

Vuoi  far  5  vieni  a  Toledo  e  il  serto  accetta. 

(^pattano) 


SECONDO. 


SCENA  VL 

Atrio  come  alla  Scena  prima. 
//  Duca  poi  la  Baronessa. 

/>MCfijDa  che  a  De  Vega  schiuse 

Son  del  career  le  porte ,  i  dubbj  miei 
Vanno  crescendo  ognor,,  nè  dal  pensiero 
Uscir  mi  può  quel  madrigal  che  in  core 
Il  veleno  mi  sparse.  A  chi  più  fede 
Poss'  io  prestar ,  se  fin  la  Baronessa , 
Più  non  v'ha  dubbio,  mi  tradisce  anch'essa? 

{yedendo  la  Baronessa) 
Ecco  r  ingrata ...  di  De  Vega  forse 
Ad  invocar  la  libertà  venite  ? 
Io  già  prevenni ,  o  Baronessa ,  i  voti 
Del  vostro  cor. 
LaB.  E  che? 

Duca  De  Vega  è  sciolto. 

LaB.Qnei  fieri  sguardi ,  quel  turbato  volto 
Quel  favellar ,  di  mal  represso  sdegno 
Indizj  son  troppo  evidenti .  .  oggetto 
Forse  son' io  dell'"  ira  vostra? 
Duca  Ed  osi 

Chiederlo? 
LaB.  In  che  mancai? 

Z^wcalnterroga  il  tuo  core  e  lo  saprai. 
Si  quel  core  in  cui  dovea 
Regnar  solo  il  tuo  Signore  , 
Non  negarlo  ,  o  donna  rea , 
Per  De  Vega  arde  d'  amor. 
LaB.        Se  tradito  ho  il  vostro  affetto, 

Se  m'  accende  un  altro  ardore  , 
Più  fedel ,  più  degno  oggetto 
Trovi  5  o  Prence ,  il  vostro  cor. 


M  ATTO 

Duca       E  scusarli  neppur  tenti? 

Ah!  il  mio  torto  è  ornai  palese 
LaB.  Scender  sdegna  alle  difese 

Chi  rimorsi  in  cor  non  ha. 
Duca       Deh  favella . . . 
ZuB.  È  vano. 

Duca  Senti . . . 

LaB.  Altro  udir  no  vò.  (per  partirèy\ 

Duca  T' arresta. 

a  1  Qual  martir  ,  qual  pena  è  questa 

Il  mio  labbro  dir  non  sa. 
Duca        Svelami  ornai  1*  arcano 

Togli  ogni  dubbio  mio  5 
Ami  De  Vega?... 
LaB.  Un  Dip 

Mi  par  in  lui  veder  ^ 
Ma  chieder  la  mia  mano 
Deguossi  il  mio  Signore  , 
Ciò  basta  ,  a  questo  core 
Non  parla  che  il  dover. 
Duca       Oh  donna  egregia ,  e  rara 

Scusa  i  trasporti  miei 
LaB,  Dunque  sou'  io  ? 

Duca  Tu  sei 

L' arbitra  del  mio  cor. 
a  2         §ol  di  gioja  e  di  diletto 


A  noi  sia  ministro  Amor 
E  non  trovi  mai  ricetto 
Gelosia  ne'  nostri  cor. 

S  C  E  N  A  VII. 

_  Donna  Isabella. 

Jl  erchè  nel  sen  mi  sento 
Il  Q^m  palpitar  oltre  V  usate 


partono^ 


SECONDO.  37 
Or  che  De  Vega  è  in  libertà  tornato? 
L'  amo  forse  ?  . . .  ah  non  oso 
Me  stessa  interrogar...  tradir  potrei 
Il  mio  Consorte?.,  ah  no 5  forza  ho  bastante 
Per  soffocar  nel  petto 

XJualuuque  a  miei  dover  contrario  affetto. 
Rammento  che  al  mio  sposo 
Eterna  fè  giurai  5 
E  questo  cor  giammai 
Di  ie  non  mancherà. 
■Que'  sacri  vincoli 

Che  Imene  ha  stretto 
Novello  affetto 
IVon  scioglierà  , 
Fida  quest'anima 
Ognor  sarà. 


SCENA  Vili. 


Don  Ricardo  5  e  detta. 

\ic,  iPur  ti  ritrovo  alfin  ^  or  non  potrai 
Dir  cbe  per  mia  cagione 
11  Poeta  ritrovisi  prigioni. 
).  /.  Ei  fu  sciolto  lo  so. 
?fc.  Non  vorrei  poi 

Che  quanto  hai  detto  circa  al  madrigale... 
Basta  5  tu  mi  comprendi. 
!).  /.  Io  scherzai  teco 

Ma  in  cor... 
\ìc.  Basta  così ,  tranquillo  appieno 

Di  tua  fede  son'  io 

Ma  il  Duca  attende  5  cara  moglie ,  addio. 

(jpart&D.Rk.) 


38 


ATTO 


S  C  E  N  A  IX. 

//  Cavaliere  y  e  la  suddetta. 

D.I.\J\i  Signor  Cavaliere 
In  byon  punto  giungete 
Per  aver  parie  nel  commi  piacere. 
Cav. Spiegatevi. 
D,  I.  Saprete 

Che  De  Vega  è  già  libero. 
Cav.  Corbezzole 
'  Che  novità  importante  ,  io  sono  attonito 
Di  vedervi  in  freddure  di  tal  genere 
Cotanto  inteiessata, 
Del  Poeta  sembrate  innamorata. 
Dama  di  Corte  ,  e  moglie 
D'un  uomo  diplomatico , 
Potreste  un  poetucolo 
Guardar  d'occhio  simpatico? 
Ciò  disdirebbe  affé. 
Piuttosto  5  se  un  bracciere 
Desiderate  avere 
Ecco  ve  r  offro  in  me. 
D.  I.  De  Vega  quanto  il  merta 

Io  stimo,  e  circa  a  lei, 
La  sua  g^entile  offerta 
Di  core  accetterei , 
Ma  un  liev'^  ostacol  v*  ha. 
A  me  per  dirle  il  vero. 
Ella  non  piace  un  zero 
E  mai  non  piacerà. 
a  2 

Cav,  Addio  conquista,  addio  (/''^ 

Miei  teneri  desir. 
Che  far?  con  lei  mi  voglio 
Almeno  divertir. 


I 


SECONDO.  39 

Contenta  appien  son'  io  {.fra  se  ) 

È  pago  il  mio  desir. 

Se  il  suo  superbo  orgoglio 

Son  giunta  ad  avvilir. 
Per  piacere  a  quei  bei  rai 

Voglio  farmi  aneli'  io  poeta. 

Voi  poeta?  oh  temo  assai 

Che  giungiate  a  questa  meta. 

Ma  perchè? 

Chi  lutto  critica 

Per  lo  più  nulla  sa  far. 
A  provar  poi  non  v'  è  male 

Che  vi  par?... 

Cure  gettate. 

Vò  comporre  in  madrigale 

Come  quel  5  col  quale  il  Vate 

Fè  a  tre  donne  il  senno  perdere. 

Qual  maniera  di  parlar? 
Via  non  vada  tanto  in  collera 

Poiché  rider  mi  farà. 
Come  mai ,  come  si  tollera 

Si  insolente  asinità  ?  (  partono  ) 

S  C  E  N  A  X. 
Camera  di  Lopez  De  Vega. 
La  Contessa. 


o  voglio  esser  la  prima 
De  Vega  a  riveder  ^  se  a  lui  son  cara , 
Se  ei  sospira  per  me ,  da  sguardi  suoi  ^ 
Comprenderlo  potrà  questo  mio  core 
Che  iavaa  si  texita  di  celare  amore. 


4q  atto 

Come  mai  potrà  nel  petto 
Star  celato  quell'  affetto 
Onde  amor  ci  fa  languir? 
A  scoprirlo  talor  bastano 
Uno  sguardo  ed  un  sospir# 

Oh  De  Vega  ,  se  la  face 

Per  me  senti  in  sen  d'  amor  3 
Il  tuo  labbro  invan  lo  tace 
Saprò  legger  nel  tuo  cor, 

SCENA  XI. 

Don  Ricardo  5  indi  De  F^cga  5  Don  Domizio  y  e  detta 


Mie.  0] 


ihe  fate  qui  soletta  o  Contessina 
Non  è  ancora  tornato 
Il  Poeta? 

LaC.  Tardar  non  potrà  molto  5 

Ma  se  un  consiglio  mio 

D' accettar  non  sdegnate. 
lìic.  Che  dir  vorreste? 

LaC.  È  ben  che  ve  ne  andiate 

Hic.  Perchè? 

4jaC  Si  sa  che  foste  voi  cagione 

Per  cui  n'  andò  prigione  , 
E  non  è  ben  che  la  presenza  vostra 
Quest'istanti  di  gioja  a  lui  funesti. 

Ric.  Sarà  ver,  ma  però  meglio  è  ch'io  resti. 

Lop. Oh.  mio  soggiorno  io  ti  riveggo. 

Dom.  Amico 
Se  già  libero  sei 

Più  assai  che  al  tuo  Domizio  il  devi  a  lei 
(^additandoci li  la  Contes 
fiic.  Dite  3  S43ffriste  in  carcere?  (a  Lop. che  non g 
Lop.  De  Vega   da  retta 

Fiachò  vivrà  fia  grato  a  questa  Dama. 


SECONDO.  ^  4i 

f:^C(Qual  freddezza!  ali  lo  veggo  egli  non  m'ama.) 
Ric.  Ma  parlate  anche  meco . . .  avrete  fatto 

Dei  toei  versi  in  prigione.  Udiamli. 
Lop.  A  vo>  . 

Signor  non  parlo. 
Ric.  Irato  siete 

Perchè  al  Prence  portato  ho  il  madrigale , 

10  non  credea  ^  vel  giuro  ,  di  far  male  , 

Ho  torto  il  so  ^  ma  so  che  un  lungo  sdegno 

Nutrir  non  è  vostr' uso 

Via  facciamo  la  pace. 
top.  Io  non  ricuso. 

CaCDe  Vega  addio... 

Lop.  Si  tosto  mi  lasciate? 

LaCì^OD.  è  gran  mal  per  voi. 

Lop.  Deh  vi  spiegate. 

(la  Contessa  parte) 
Ella  sen  fugge  ,  avrei  mancato  forse  ? 
Ric.  C'os'  ha  voglio  saper  ^  e  vi  prometto 

D' informarmene  tosto.  (parte) 
Oom.]A.o  deciso  5  eseguir  vo' il  mio  progetto. 

(  parte  ) 

S  CE  N  A    X 1 1. 

La  Baronessa  ^  e  De  Vega, 

ta^.Di  rivedervi  libero  ,  o  De  Vega 

11  bramato  piacer  ni'  è  alfìa  concesso. 
Lop.Vii  sua  f£ivella  al  lusinghiero  incanto  (frase*) 

Chi  resister  potrebbe  ?  il  mio  tumulto 
Come  poss'  io  celar  ?  a  un  punto  stesso 
Gelo  ,  sudo  ,  mi  turbo  ,  e  mi  confondo. 
Parto?  resto?  che  f o  ?  dove  m'ascondo? 
IZ)aJ?,Ma  voi  tacete?  e  mentre  a  voi  raeiono 


4«  ATTO 

Come  mai  potrà  nel  petto 
Star  celato  quell'  affetto 
Onde  amor  ci  ^fa,  laiM^ro'.^ 
A  ^  Oh  Dio  ! 

Restate  per  pietà  ...  se  del  mio  coro 
Vi  fosser  noti  i  sensi...  io  son...  che  dico 
Un  infelice  io  son. 
LaB.  Le  vostre  pene 

Perchè  mi  nascondete  ? 
Aprasi  omai  quel  cor. 
Lop.  Voi  lo  volete  ? 

Parlerò  . . .  sappiate  ...  in  core 
ia^.Proseguite  .... 

LfOp.  In  core  ...  oh  Dei  ! 

LaB.Fors'  amor  ? 

Lop.  De'  mali  miei 

Si  cagione  è  solo  amor. 
LciB.Ma  chi  mai  nel  vostro  seno 
Tal  destò  fiamma  amorosa  ? 
Lop. Se  il  mio  labbro  dir  non  l'osa 

Ve  lo  dica  il  mio  rossor. 
LaB. Ah  De  Vega  I  se  sapeste  ?  .  .  . 
Lop.F.  che  dirmi  oh  Dio  vorreste  ? 
Xa-^.D' imeneo  sacra  promessa 

Già  mi  leg  I  ...  sposa  io  sono. 
Lop.J)ì  chi  mai  ? 
LuB.  Del  Prence. 

Lop.  Ohimè  ! 

Ma  il  mio  duolo  o  Baronessa 
Deh  scusate  , . .  .  sì  pel  Irono 
Il  Ciel  nascere  vi  fe'. 

Se  del  soglio  allo  splendore 
Vi  destinano  gli  Dei , 
Sono  paghi  i  voti  miei 
E  la  parca  inesorabile 
Può  mia  vita  omai  troncar. 


SECONDO.  4t 

'«C(Qual  freddezza!  ah  lo  veggo  egli  non  m'ama.) 

ìic.  Ma  parlate  anche  meco . . .  avrete  fatto 

Ti^K  ;;;t>LrT  Tìri^ione.  Udiamli. 
Deiì  vivete 5  c  t*^-  . 

Nel  veder  che  l' implacau^*--     A  ve 

•  jet  J  -  ^  _. 

Irà  sua  óàpplaln  siiaar; 
Oh  !  virtù  per  cui  si  fanno 
A  noi  cari  i  sagrifici^ 
Tu  che  insegni  agli  infelici 
Ogni  affanno  -  a  sopportar  , 
Fa  che  possa  alfìn  d'  amore 
Questo  core -trionfar. 
opy      Dunque  . . . 
aB.  Addio. 
op.  Deh  !  v'  arrestate. 

aB.      Oh  !  De  Vega  il  dover  mio , 
Il  mio  onor  ... 

Ah  basta. 

^  Addio. 
Deh  gli  sforzi  secondate 

Sommi  Dei,  di  questo  cor.  (partono) 

SCENA  XIII. 

D,  Domizio  5  indi  De  Vega, 

>07W.De  Vega,  dove  sei?  poc'anzi  in  questa 
Stanza  il  lasciai ...  De  Vega. 

op. Eccomi  a  te  che  brami? 

>om.In  quest'istante 

Il  Prence  io  vidi ,  e  appena  di  Toledo 
Gli  fei  noto  il  desir,  che  il  tuo  congedo 
Ei  ti  concesse  ,  or  da  te  sol  dipende 
Il  restar  ,  il  partir. 

vop.  Eccomi  pronto 

A  seguirti. 


44  ATTO 

Dom.  E  fia  ver  ? 

Lop,  Di  lei  che  adoro 

Me  lo  impone  Fonor,  in  un  momento 
Io  son  lesto  a  partir  ^  sei  tu  contento  ? 

SCENA  XIV. 

//  Cavaliere  ^  Donna  Isabella  ^  indi  D,  Domizii 

Cav.  VJon  questo  lino  tergere 

Vorrei  le  amare  lagrime 

Delle  tre  Dame  tenere, 

Cui  del  novello  Apolline 

Dispiacerà  il  partir. 

Quale'  una  ,  se  non  sbaglio 

Qui  ne  dovria  venir. 
D.  I.  Pria  che  rapito  il  vate 

Ci  sia  dal  destin  rio  , 

Dell'amistà  l'addio  ; 

Io  bramo  a  lui  di  dar. 
DJ,       f  Cile  veggo  I  quel  buon  mobile 

J       Che  mai  qui  venne  a  far? 
Cav.       )  Oh  !  la  fedel  Penelope 

[      La  prima  è  a  capitar. 
Dom.         M'  inchino  a  questa  Dama , 

E  servo  a  lei  mi  dico,  (al  Cavaliere 

Deggio  chiamar  P  amico  ? 
D  I.  Ah  !  no  ... 

Ca\^.  Quando  sen  va?  {parlanà 

Doni.         Or  ora.  gli  di  De  p^egt 

Cai).  I  rai  tergetevi        {a  D.  Isah 

Forse  ritornerà. 
Dóm.         A  cinger  la  corona 

Va  Lopez  a  Toledo. 


SECONDO.  4^ 

I.  E  fremere  già  vedo 

Di  rabbia  il  Signor  critico. 
Cui  rode  invidia  il  cor. 
om.     r   Satirico  insolente  (ff^  ) 

\       Prendi  che  ben  ti  sta. 
.  /.       ]   È  colpa  a  simil  gente 

\       Non  dir  la  verità. 
àv.      l   Di  voi  ,  di  lui  sol  sente 
;  1       Questo  mio  cor  pietà. 

SCENA  ULTIMA, 

Sala  Ducale. 

Tutti. 

op.  M  io  Prence  io  parto ,  ma  nel  core  impressa 

Sarammi  ognor  riconoscenza. 
ìuca  Ah  taci.       -  X 

U  amico  mio  tu  sei 

Ed  ognora  De  Vega  esserlo  dei.  '  > 

ic.  Ah  I  prima  di  partir  diteci  almeno 

Chi  sia  colei  che  in  seno 

V  accese  il  cor. 
op.  Amai  la  Baronessa 

Si  F  amai ,  ma  il  mìo  ardor  fu  tosto  estinto 

Quando  appresi  che  sacra  al  mio  Signore 

Era  già  la  sua  mano. 
Uc.  Ecco  svelato  alfine  il  grande  arcano. 
).I.lo  già  lo  prevedea 
'aC.  Lo  immaginai 

la^.Non  scorderò  giammai , 

(Nè  il  Prence  offender  credo 

Che  voi  m'amaste  (a  Lopez)  a  cinger  la  corona 

Ite  ,  e  d' Iberia  tutta 

Paga  rendasi  ornai  la  giusta  brama. 


46  ATTO 

O  De  Vega  de'  vostri  sudon_, 
Per  cui  va  tutt'  Iberia  superba  ^ 
Ricompensa  sarau  quegli  allori 
Che  alla  vostra  virtude  riserba 
Di  Toledo  r  eccelsa  Città. 
Ah  nò  5  il  poetico 
Immortai  serto 
Mai  non  fu  premio 
A  più  gran  merto  5 
Nè  mai  per  volgere 
Di  mille  età 
Più  degna  fronte 
Coronerà. 
Lop,         A  tali  5  e  tanti  encomj 

Muto  e  confuso  io  resto. 
//  Duca  y  le  tre  Isabelle  ,  e  Doni. 
Tributo  al  merto  è  questo 
Omaggio  alla  virtù. 
Ric.       )  Ritornerete  presto  (a  Lop^ 

O  non  tornate  più? 
Cav.      I  Dal  sonno  ornai  mi  desta 
Non  posso  tacer  più. 
De' Numi  cresce  il  numero 
Con  quest'  apoteosi  5 
fi  tu  dai  luminosi 
Tuoi  seggi  scendi  Apolline 
Or  che  il  gran  Dio  De  Vega 
L' ardito  volo  spiega , 
Onde  salir  lassù. 
Duca         Cavalier  quest'  ironia 

Sembra  figlia  del  livore. 
Ca^^      C  Dell'  Olimpo  anzi  fo  onore 
Al  novello  abitator. 
Le  3  Isah.^  e  Dom, 
Solo  regnan  nel  suo  gore 

Odio  5  invidia,  astio  e  rancor. 


luca 
'op. 


SECONDO.  4; 

Vieni  abbracciami.  Lopez) 
Ah  !  mio  Prence. 

Le  tre  Isah.^  Domizìo  e  lìicardo. 


Duca.^eLop 

LaC. 

DJ. 

LaB. 

Lop. 


Oh  qual  scena  commovente. 
.    Sarà  impresso  eternamente 

Quest'  istante  nel  mio  cor. 
Il  vostro  ton  satirico  (al  Cav.) 

Fra  noi  non  fece  effetto. 

De  Vega  ora  coronasi    (come  sopra) 

De'  critici  a  dispetto. 

Ei  formerà  la  gloria      (come  sopra) 

L'  onor  di  nostra  età. 
Cessate  ve  ne  supplico  . . .  (alle  3  Isab.") 


Tutti  meno  De  V 5  e  il  Ca\^, 

Son  tinte  verità. 
Kic.  Or  r  assemblea  de'  critici 

Farà  a  Toledo  guerra. 
Dom,  Toledo  è  tal  eh'  a  un  soffio 

Tutti  li  caccia  a  terra. 
Ca\f.  San  scriver  gli  accademici 

E  fan  tremare. 
Tatti  meno  il  Cav.  Ah  . . .  ah . . . 

Il  nostro  signor  critico 
Rider  davver  ci  fa. 
Cav.     r    Che  di  criterio  è  priva 

Toledo  è  omai  provato 
Da  così  strane  scene  5 
E  udire  i  lieti  evviva 
Al  Vate  coronato 
In  tutte  quelle  arene 
Degli  asini  mi  par. 


48  ATTO  SECONDO, 

Lop.     (    Da  questa  amica  riva 

Vuol  eh'  io  mi  renda  il  Fato 
Dei  Tago  sulle  arene  , 
Ma  al  Prence  fin  ch'io  viva. 
Ed  a  voi  tutti  grato 
IVr  udrà  r  Ispana  Atene 
Di  lui  5  di  voi  parlar. 

Tutti ^  eccetto  il  Cav.  e  Lop. 

Del  Tago  sulla  riva 
Vi  guidi  amico  fiito 
D' Iberia  onore  e  spene  , 
E  di  festosi  evviva 
In  dì  sì  avventurato 
Tutta  r  Ispana  Atene 
Udrassi  risonar. 


Fine.